Appartenenza Marco Palma

Marco Palma Domenica Gennaio

Marco Palma 1 Domenica di Gennaio

 

In Matteo 16: 13/23 leggiamo di quando Gesù, dopo circa due anni di ministerio, arriva a Cesarea e pone una domanda ai discepoli: “Che dite che io sia?”. Parafrasando: ” Avete visto segni, miracoli e prodigi, avete visto ogni cosa di me, avete ascoltato la mia parola… che idea vi siete fatti di me?”

Pietro si fa avanti per rispondere a questa domanda. “Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente”.

“Tu eri Simone, ora sei Pietro e su questa pietra edificherò la MIA chiesa”.

Gesù, il figlio di Dio, Dio stesso, ha un grande senso di appartenenza.

Nella Bibbia più di 850 volte troviamo l’espressione “mio popolo”, utilizzata per lo più da Dio. Lui ama chiamarci utilizzando un aggettivo possessivo perché noi gli apparteniamo.” Tu sei mio, mi appartieni, sei la pupilla del mio occhio …”

Dio ha un fortissimo senso di appartenenza verso di noi. Ecco perché a distanza di due anni Gesù pone questa domanda ai suoi discepoli. In base a ciò che pensiamo di Lui, Egli ci dice ciò che pensa di noi.

In base alla dichiarazione dei suoi discepoli egli voleva capire con chi stava avendo a che fare. Noi tutti apparteniamo ad una comunità chiamata ecclesia.

Gesù parla di appartenenza, di identità,di visione. Possiamo dire di appartenere a Cristo se la nostra identità è in Lui.

E tu come ti definisci? Chi sei agli occhi della società, della tua chiesa, della tua famiglia e soprattutto agli occhi di Dio? Se la tua identità non è chiara e precisa, non puoi dire di appartenere a Dio.

Gesù aveva una visione chiara del suo ministerio, ma Pietro no. Addirittura lo rimproverò, ma Gesù mise in chiaro la sua visione ristabilendo i ruoli perchè quella era la visione per la quale Lui era venuto sulla terra, per cui Pietro, o era d’accordo, o poteva andar via.

Appartenenza significa presenza. Non puoi dire di far parte della chiesa se non la frequenti. Appartenenza significa costanza ma anche coerenza. Se so di appartenere a Cristo devo essere coerente con ciò che Lui ha fatto ed ha detto.

Ci sono varie figure di discepoli all’interno di una chiesa:

  • il turista: si fa vivo solo negli eventi più belli dell’anno, magari solo i momenti di vittoria. Lui non ha senso di appartenenza, non partecipa assiduamente alle attività ecclesiali e si prende solo il “meglio”;
  • lo straniero: colui che emigra da qualche altro luogo/comunità e si sente sempre straniero, non riesce a socializzare, ad integrarsi, lui non si ambienta mai a causa della sua rigida mentalità. Lui non pianta radici e confronta continuamente le sue vecchie realtà con quella nuova;
  • il latitante: colui che ha sempre la valigia pronta, non ha fissa dimora. La chiesa deve essere un rifugio, un luogo in cui piantare radici. Quando il popolo di Dio si fermava, formava un accampamento. Quando qualcuno peccava o si comportava male veniva allontanato dal campo. Per gli Ebrei non c’era punizione peggiore. Ogni invece il Cristiano vive bene fuori dall’accampamento. Il latitante sta sempre a girovagare;
  • il sindacalista: ha deciso di far parte di una comunità ma il motto è “prima i diritti e poi i diritti”. È quello che sta lì a pretendere, a chiedere e mai da! Non ama la disciplina e non sa cosa significhi la parola “dovere”;
  • la specie protetta: una sorte di sindacalista all’ennesima potenza. Nasce protetto e deve morire protetto. Questi cristiani non hanno alcun senso di appartenenza e sono forse i più pericolosi perché non vivono un vangelo fatto di rinunce e sacrifici. Tutto gli è dovuto ed in caso contrario sono pronti a cambiare chiesa.
  • Infine l’appartenente: non abbandona la nave nei momenti di difficoltà, ma si dà da fare per lavorare in squadra, aiutare e sostenere la chiesa, partecipando attivamente ad ogni avvenimento, collaborando, aiutando e sostenendo la sua comunità.

In una chiesa non c’è mai la perfezione, solo la base, ovvero la roccia, è perfetta e non verrà mai smossa. Quando Paolo iniziò a costruire la chiesa dichiarò che c’erano tante difficoltà. Tutte le modifiche, le sfide, i lavori di una chiesa vanno fatti insieme affrontando ogni cosa con coraggio! Lo scoraggiamento perenne non fa altro che lasciare spazio alla depressione. Non dobbiamo smettere di pregare, di osare ! La chiesa è stata chiamata ad avere coraggio, a prendere forza in Dio!

“Dio è la mia gioia” disse Davide in uno dei momenti più terribili della sua vita, ma lui ebbe la forza ed il coraggio di fare questa dichiarazione.

E tu hai scelto a quale comunità appartenere?

Dio ci benedica.

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