
Appartenere e Appartarsi
Siamo partiti dalla lettura del cap 5 di Giosuè e dei primi due versi del capitolo 6. L’avvenimento più famoso del libro di Giosuè è sicuramente la caduta di Gerico, narrata nel capitolo 6: quando Dio è dalla nostra parte si “vince facile” e così accadde a Giosuè, perché fu Dio a fare tutto e a dargli la vittoria.
Non tutti però ricordano cosa accadde prima della vittoria, al capitolo 5, il capitolo della “santità”: non c’è vittoria se prima non c’è sacrificio e sofferenza. Anche Gesù per risorgere ha dovuto soffrire e infine morire sulla croce. Non c’è Gerico se prima non c’è Ghilgal: il luogo dove si accamparono i figli d’Israele dopo la circoncisione che Dio comandò a Giosuè, poiché tutto il popolo che era nato nel deserto, dopo l’uscita dall’Egitto non era stato circonciso.
Tutti coloro che invece erano stati circoncisi, morirono, nonostante avessero assistito a centinaia di miracoli, perirono a causa della loro disubbidienza.
Non sempre la nostra fede nasce dalle cose visibili. “Beati coloro che credono senza vedere” disse Gesù.
Per il popolo d’Israele la circoncisione era un segno di appartenenza. Questo concetto non coinvolge molto noi italiani, a differenza di altre nazioni che sono particolarmente patriottiche. Prima di tutto però, dovremmo ricordare che apparteniamo al popolo di Dio e che la nostra cittadinanza è nei cieli.
La prima cosa che fa Dio quando chiama le anime nel Suo regno è fargli sentire questo senso di appartenenza. Quel giorno i figli d’Israele passarono per Ghilgal e per questo senso di appartenenza furono marchiati col dolore.
A quale chiesa appartieni? E’ importante saperlo, è fondamentale conoscerne la visione, sapere cosa si fa e cosa si è! Dobbiamo vivere nella convinzione di appartenere al popolo di Dio, si tratta proprio di un “modo d’essere”. Paolo dirà che la nostra circoncisione è sui nostri cuori e col battesimo dichiariamo pubblicamente la nostra appartenenza al popolo di Dio.
I figli d’Israele furono tutti guariti dal dolore della circoncisione e a Ghilgal celebrarono la Pasqua. Successivamente Giosuè era presso Gerico e da lontano vide un uomo che gli stava davanti con in mano la sua spada sguainata. “Sei tu per noi, o per i nostri nemici?” chiese Giosuè. “Io sono il capo dell’esercito dell’Eterno”. Immediatamente Giosuè cadde con la faccia a terra e si prostrò ai suoi piedi. A questo punto ci saremmo aspettati una rivelazione da parte di Dio su come sconfiggere Gerico, ma il capo dell’esercito dell’Eterno gli disse: “Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo dove stai è santo”. E Giosuè fece così.
Dovremmo essere come Giosuè, persone appartate per Dio e prima ancora appartenenti al Suo popolo.
Dio ci darà la vittoria sui nemici, sulle infermità, sugli ostacoli della vita… soltanto quando passeremo per Ghilgal: la strada della sofferenza e della santità. Non c’è vittoria senza santità. Spesso ci aspettiamo chissà quale risposta da Dio, ma il messaggio è sempre lo stesso, non ci sono ricette miracolose. Dio non ha bisogno di accattivarsi l’appartenenza delle persone, se vuoi appartenerGli passa per Ghilgal! La strada per la salvezza è e sarà stretta e angusta, ma dietro e avanti a noi ci sarà sempre Dio, perché Egli non ci lascia e non ci abbandona.
Che sia l’anno della vittoria, ma prima passa per Ghilgal!
Dio ci benedica.
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