Marco Palma 10 Dic

Eben-ezer : “Fin qui l’Eterno ci ha soccorso”.

È bello avere degli intercalari cristiani. Quest’espressione l’ha utilizzata per la prima volta Samuele, uno dei giudici di Israele. Il popolo di Israele per molti anni non ha avuto un re, ma è stato governato dai giudici: uomini valorosi che per un diritto acquisito in base alle loro caratteristiche, vennero eletti governanti.
Il re invece diveniva tale per discendenza, per cui talvolta salivano al trono re senza capacità, coraggio e valori.
Samuele fu un uomo consacrato fin dalla sua giovanissima età. Il suo nome significa  “appartato , dedicato “ a Dio. Lui fece parte dei giudici.

I Filistei hanno sempre fatto guerra contro gli israeliti. Samuele chiamó a se il popolo d’Israele dicendo loro che c’era un motivo per cui non divenivano mai liberi dai Filistei, ovvero perché nelle loro case avevano idoli nascosti, ma che allo sguardo di Dio non potevano esser celati. Così comandò di tornare alle loro case e di gettarli via perché vi era (e vi è) un solo Dio in Israele.
In I Samuele 7:7/12 leggiamo che mentre stavano facendo ciò, udirono i carri dei Filistei, così corsero da Samuele a chiedergli di pregare per loro.                                Non si possono ricevere le benedizioni per delega! Non esistono i rappresentanti delle cose di Dio. L’esperienza della salvezza è un rapporto personale con Dio e la porta del cielo è stretta, si entra uno solo per volta!
Così Samuele prese un piccolo agnello, lo sacrificò ed invocó il nome dell’Eterno. In quel preciso istante Dio fece la sua parte. Non mandó un esercito, ma il Signore fece rimbombare dei tuoni con gran fragore, tanto che i Filistei furono sconfitti dal grido del Capitano degli eserciti e gli uomini di Israele li batterono.
Come è bello quando Dio confonde i nostri nemici, Lui è il guerriero d’Israele.
Soltanto allora Samuele prese una pietra, la pose tra Mispa e Sen e la chiamó Eben-Ezer e disse: “Fin qui il Signore ci ha soccorsi”.
Sono passati quasi 4000 anni ed ancora c’è qualcuno che parla di quella pietra.
Quante pietre troviamo nella parola di Dio? Essa è  piena di “pietre significative”. Anche Pietro dovette diventare una pietra, Lui era Simone e dovette scegliere di diventare Pietro.
Gesù stesso si è definito la pietra, la testata d’angolo, ed anche noi in momenti importanti della nostra vita dobbiamo prendere una pietra.

Perché Samuele dovette prendere una pietra?
La pietra è un minerale per lo più eterogeneo. Tutte le pietre nascono dallo stesso processo: si formano in base ad una temperatura ed una pressione specifica di tre elementi combinati insieme: acqua, ossigeno ed anidride carbonica. Dall’unione di questi tre elementi si forma una pietra. Pietro dirà “voi siete delle pietre viventi”, la chiesa è fatta di pietre.

Per essere tali abbiamo dovuto subire un processo fatto di pressioni e temperature. I nostri tre elementi sono:
– l’ acqua: la parola di dio;
– l’ ossigeno: la preghiera;
– l’ anidride carbonica: i problemi.
Siamo sottoposti a pressioni ed a temperature che simboleggiano le varie prove da superare. Sei pietra e quindi chiesa se mediti la Sua parola, se spendi tempo in preghiera e se riesci ad affrontare i problemi della vita.
È difficile cancellare una pietra, romperla o schiacciarla perchè ci vogliono tanti anni per formarla. Ecco perché la chiesa dopo tanti anni tiene ancora, perché sa cosa significa passare per le prove o ricevere pressioni .
Se ti colpiscono ricorda che prima l’hanno fatto a Gesù e noi vogliamo camminare su quell’esempio.
Samuele pose quella pietra tra Mispa e Sen: il primo significa “watch tower”, torre di controllo, di sorveglianza; Sen che significa “città antica”, una città i cui fondamenti risiedono nell’eternità.
Non siamo scossi, perchè siamo tra Colui che ci guarda e ci sorveglia: Gesù Cristo , la nostra roccia.
Stringiamo dei patti con Dio prendendo una pietra quanto più grande possibile cosicché sia visibile a tutti e dichiariamo: “Eben-ezer … Fin qui l’Eterno ci ha soccorso”.

Dio ci benedica.

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