“ Tradizioni – Tradimenti ”

( parte seconda )
Ieri abbiamo ascoltato la seconda parte del messaggio “Io sono quel che sono per la grazia di Dio” che si intitola: “Tradizioni – tradimenti”. Siamo partiti dalla lettura di Giudici 11: 29/40.
Jefte , “vincitore” della battaglia contro gli Ammoniti, per sua iniziativa fece un voto al Signore promettendo che Gli avrebbe offerto come olocausto la prima cosa che sarebbe uscita dalla sua casa una volta rincasato dopo la battaglia. L’olocausto consisteva nello sgozzare un animale e bruciarlo su un altare in onore a Dio.
Quando tornò dalla battaglia dalla porta di casa uscì l’unica sua figlia! Ella varcò la soglia festeggiando e danzando in onore del padre, ma nessuno la assecondò perché tutti erano a conoscenza del voto di suo padre. Jefte sconvolto nel vederla uscire di casa, le spiegò cosa aveva promesso a Dio, ma sua figlia non discusse su quella decisione, bensì si sottomise e gli chiese solamente di poter andare a piangere la sua verginità sui monti poiché non aveva conosciuto uomo in vita sua.
Jefte era israelita ma apparteneva alla tribù di Galaad : una tribù che a differenza delle altre quando Mosè uscì dall’Egitto si fermò sulle sponde del Giordano. Quando Mosè morì affidò tutto a Giosuè il quale col popolo attraversò il fiume Giordano. 4 tribù, tra cui quella di Galaad gli chiesero di poter restare lì nel deserto poiché avevano trovato una loro stabilità ed egli acconsentì.
Per tanti anni queste tribù rimasero a un passo dalla terra promessa. Passarono anni e queste tribù inevitabilmente divennero per metà ebree e per metà pagane, non potendosi dichiarare completamente popolo di Dio …
Quanti galaaditi conosciamo? Quante volte abbiamo vissuto così, sul confine, prendendo le tradizioni del mondo? Jefte era sempre sul confine, non conosceva pienamente la parola di Dio, conservava tradizioni che non appartenevano al Suo popolo, come per esempio quella di fare sacrifici umani, per cui anche lui non faceva parte a tutti gli effetti del popolo di Dio.
Successivamente la tribù di Efraim chiese a Jefte perché non li aveva chiamati in aiuto nella battaglia contro gli Ammoniti.
Ci fu questa disputa perché volevano la loro parte del territorio conquistato e così iniziarono a farsi guerra tra fratelli. Jefte occupò tutti i passaggi del fiume uccidendo chiunque volesse attraversarlo. La tecnica che usava era ascoltare la loro pronuncia: se era errata li ammazzavano perché la tribù di Efraim non parlava più ebraico. Quel giorno morirono 42000 persone perché avevano dimenticato il loro modo originario di parlare.
Quante volte in chiesa parliamo in un modo, mentre fuori in un altro? A stare troppo tempo dall’altra parte del confine si rischia di imbastardire il proprio comportamento, le proprie tradizioni, il proprio essere cristiano, il modo di parlare. “Il vostro modo di parlare sia sempre con grazia, condito con sale,per sapere come vi conviene rispondere a ciascuno” (Colossesi 4:6).
La persone devono riconoscere che siamo cristiani dal nostro modo di agire, di parlare, di presentarci, di vestirci!
Non restare più al confine, è tempo di decidere, di mettere piede nella terra promessa! La richiesta fatta a Giosuè per noi non è valida. “Non puoi servire Dio o mammona”disse Gesù!
Che ognuno di noi sia dentro la terra promessa.
Non restare sulla sponda, ma proclama al Signore che vuoi far parte del Suo popolo per conquistare la terra promessa.
Dio ci benedica

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